8 novembre 2005

Un transatlantico volante

Ha fatto scendere le mascherine dell’ossigeno e saltare la luce: un tale casino che alla fine il comandante dell’aereo ha dovuto decidere di farla arrestare e far atterrare l’apparecchio.
Mentre viene riaccompagnata al suo posto, i passeggeri l’applaudono sarcasticamente, incazzati per il ritardo che dovranno subire.
Questa l’unica scena degna di nota di Flightplan. Lei è Jodie Foster e come il suicida della metropolitana che con il suo gesto disperato blocca il traffico e si tira dietro gli improperi dei passeggeri (“ma proprio oggi doveva buttarsi sotto quel coglione?”), la protagonista non ottiene altro che stizza nei confronti della sua tragedia personale, la perdita della figlia.
Tolta questa scena emblematica, il film è una fantozziana cagata pazzesca.
A partire dall’aereo, composto da tre piani abitabili di cui due per i passeggeri e uno per gli strumenti, i quali sono armadi rack come si trovano nei datacenter, alti due metri. Un quarto piano, più piccolo, bello lucido e pulito, che può essere usato per passare dai cessi alla cabina di pilotaggio, che rispettando le regole post-11 settembre, non manca di essere blindata. Ma solo la porta, perché da sopra ci si entra e ci si esce tranquillamente. La stiva dell’aereo poi è più grande di quella del Titanic del film, con tanto di auto.
La trama invece è piccola piccola: lei, ingegnere aeronautico che vive a Berlino, rimane vedova una settimana prima. Con la figlia e la salma del marito decide di tornare a New York. Sull’aereo perde la figlia.
I primi quindici minuti sono di una noia mortale, immagini senza dialoghi che nemmeno nei film francesi. La perdita della figlia sull’aereo è telefonata, oltre che dai trailer, fin da quando mettono piede in aeroporto. Durante il film cercano di convincere Jodie Foster, e noi pubblico, che la figlia non è mai esistita. Non so se è colpa del regista, dello sceneggiatore, o dell’interpretazione della Foster, ma nemmeno per un secondo si sospetta che la figlia sia una fantasia della madre.
Infine merita due parole il plot che sta dietro il mistero, cercando di non rovinare la sorpresa a quei temerari che vorrano buttare i loro 7 euro. E’ una storia assurda, non ha senso, non sta in piedi, troppe cose potevano andare male e troppe cose sono andate bene, compresa la botta di culo degli arabi sull’aereo. Ecco, gli arabi sull’aereo: era davvero necessario questo spot subliminale che nelle intenzioni vorrebbe essere antirazzista e nei fatti risulta solo ridicolmente posticcio?
Flightplan – Voto: 4

4 commenti:

Anonimo ha detto...

per me sei stati troppo alto con il voto.
E un'altra cosa, da quando in qua le bare hanno la combinazione per essere aperte?!
e poi, un aereo cosi sofisticato, e basta cambiare due Jack e lo mandi in TILT.
Ci potvo comprare Newton con i 7 euro, che mi davano anche due giochini in regalo!

Anonimo ha detto...

simo, ma te sei riuscito almeno a imbastire qualcosa durante il film?? :)

Anonimo ha detto...

concordo pienamente a meta'!

Anonimo ha detto...

Analisi perfetta, bravo lucio! Non hai però citato la bocca a pipe della hostess cattiva, che però c'aveva uan faccia a culo da antologia.