In pochi giorni tre figure da dimenticare. Le prime due hanno una matrice comune. Quella cioè di voler controllare l'economia, vincolandola a presunte esigenze nazionali. Già nella questione Autostrade avevamo dimostrato poco rispetto per le regole di mercato, ripresi dall'Unione europea e dileggiati dai quotidiani di mezzo mondo. Adesso con Telecom ci riproviamo. Facciamo scappare gli investitori statunitensi, in attesa di un intervento delle banche nostrane. Che ovviamente potrebbero comprare solo se il prezzo delle azioni fosse decisamente più basso. Come dire, solo per fare (come è giusto che sia) un buon investimento e vantare un favore da richiedere in futuro al governo. Tronchetti Provera ha già fatto sapere che non accetterà di svendere la "sua" azienda. Situazione difficile, ma ecco che arriva la soluzione geniale. Chiedere all'unico vero imprenditore di questo Paese di comprare l'ex azienda telefonica di Stato. Berlusconi, da mostro da abbattere, rischia di diventare l'unica ancora di salvataggio. A costo di dimenticare la legge Gentiloni (sul riassetto televisvo) e quella sul conflitto di interesse, indicata come prioritaria in quella ridicola accozzaglia di banalità che è il programma dell'Ulivo (anzi, nelle duecentosettanta pagine si legge che la norma sul conflitto di interesse avrebbe dovuto essere stata approvata dalle Camere nei primi cento giorni di mandato...).
Risultato, sotto gli occhi di tutti, la sinistra che si spacca, la At&t che fugge ed Economist e friend che ci infamano pesantemente. Terzo capitolo il calcio. Nonostante il titolo di campioni del mondo, gli Europei del 2012 vengono assegnati alla Polonia (in coabitazione con l'Ucraina). La ragione è la nostra scarsa considerazione intenazionale. Non a nazioni come Inghilterra, Francia o Germania. Ci preferiscono dei simpatici agricoltori, abituati a mangiare tante patate e a pregare il buon Giovanni Paolo II.
All'estero ci considerano mafiosi, nè più, nè meno. Difficile dargli torto, dopo che per anni si è dato dei visionari a chi denunciava Moggi e la sua orrenda cricca. Oggi, in attesa del processo penale, nel quale la cupola rischia oltre dieci anni di galera, sembra che nessuno, nemmeno il più acerrimo nemico del dirigente toscano, abbia il coraggio di ammettere la verità. Serve fare vera pulizia, mandare a casa i dirigenti, federali e di club, gli arbitri e tutti i corrotti. Forse solo fallendo riusciremo a rinascere. La morte non sembra così lontana.
1 commento:
in effetti...
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