Per essere un grande cavaliere non serve la spada più letale del mondo, non basta essere stato il miglior cadetto alla scuola militare di Piacionia, non è utile nemmeno saper ballare la bachata meglio del lore.
Quello che rende veramente grande un cavaliere è la capacità di prevedere le mosse dell’avversario, un cavallo bianco per fare felici le bimbe del Regno ed un bel po’ ti coraggio, q.b. per fare cose stupide – che poi tutti chiameranno ardite – e degne di essere riportate nei secoli a venire sulla Settimana Enigmistica nel suo numero di maggior tiratura: quello del 15 agosto.
Il coraggio, anzi per meglio dire l’incoscienza, certamente non mancava ai nostri.
Quello che aveva profetizzato Nicholaus Squarcius all’entrata dell’Antro delle Ancelle Sulfuree purtroppo sembrava materializzarsi sempre più via via che loro si addentravano nelle viscere della montagna maledetta.
Passarono settimane nei cunicoli sotterranei senza avere altra compagnia che strane creature che di tanto in tanto si intravedevano nella penombra delle fiaccole e subito dopo scomparivano.
“Ma abbi pazienza Nicholaus, ma che animali sarebbero questi qui?” chiese Vizzenti
“E sono… boh, un lo so via, ti devo dire la verità che di questa specie un l’avevo mai visti, nemmeno a Gambassi Terme!” rispose il biscazziere
“Comunque oh, se li chiappo io e li stritolo, accidenti agli dei che ce l’hanno mandati. Te fai tanto che me ne passi uno a meno di quattromila metri, lo vedi che fine gli faccio fare a quello lì: lo piglio, poi lo srotolo, poi lo lego, gli tiro du cortellate e poi lo gonfio di cazzotti che nemmeno la su mamma troia lo riconosce. E’ tre mesi che siamo in giro e ancora unn’ho tirato a nessuno… bada qua che bicipite triste oh” chiosò brioso il Principe Von Nirvelliz.
I giorni si rincorrevano uguali, uno dietro l’altro…
…alfin, il 23esimo giorno del mese di gennaio, il ventre scuro della terra ebbe pietà dei nostri che tornarono così a cazzeggiare all’aria aperta.
Fecero due passi fuori dalla montagna e si ritrovarono ad osservare dall’alto la più grande pianura che avessero mai visto.
Un vento caldo accarezzava i loro volti ed una luce intensissima bruciava la loro pelle.
“Grande Thor…”
“Non ho mai visto niente di simile”
Sotto di loro la pianura si estendeva per kilometri e kilometri ed era delimitata a sud dalla montagna dove si trovava l’uscita della grotta, ad ovest da un altopiano gigantesco con una modesta foresta al suo centro, ad est da un piccolo fiumiciattolo oltre le cui sponde continuava la pianura… mentre al nord una nebbia fittissima copriva la visuale del panorama.
“Ganzo l’orologio con la bussola, vedi che ogni tanto serve? A livorno ad esempio che fa la marea?” chiese divertito Simonsky a Bob
“Sale sale… e non fa male!!” stronzeggiò sorridente il nordico.
“Cavalieri, benvenuti all’Armageddon!!!” urlò in trance Nicholaus con le braccia sollevate al cielo
“Come il film?” sorrise Vizzenti
“Prot prot prot” fu la sortita, affatto insonorizzata, di Scureggia.
“Qua comincia la battaglia: schierate le vostre armate e preparatevi al royal rumbe!! Non ci sarà pietà per i nemici, non ci sarà perdono per chi si trarrà indietro… e se qualcuno di noi dovesse incontrare qui il suo esilio mortale, che il paradiso di Jenna Jameson lo accolga a gloria-hole!!!” ruggì orgoglioso il Re Adeliante da Trade.
“Io devo andare in bagno”, McStork
“Io devo andare a fare due fotocopie”, Sborransky
“Io ho le mie cose e uso la giustificazione”, …
“Nicholaus, disponi le armate!” brontolò il Re
I nostri in due secondi si trovarono schierati ai lati della pianura.
McStork sull’altopiano a ovest, Sborransky ad est ed il Principe Von Nirvelliz a sud.
Dal nord la nebbia impenetrabile non lasciava presagire proprio niente di buono.
Il sole faceva brillare le armature e le spade luccicavano di una luce abbagliante.
Nessuno proferiva parola, solo il nitrire dei cavalli spezzava quel sanguinoso silenzioso d’attesa.
Ed ecco, improvvisamente, la nebbia squarciarsi tra due boati che mai orecchio umano aveva prima d’ora sentito.
La terra sussultò impaurita.
Simonsky deglutì.
Scureggia, per non essere da meno, risuonò un timido rombo intestinale a cui, stranamente, nessuno fece caso.
Ed ora, dalla nebbia comparire una persona: una donna vestita in maniera assai strana.